01 ottobre 2003

Rivoluzione

Per la serie: parole nella mia vita. Parole assenti o quasi, in questo caso. Non sono per natura rivoluzionario, tendo ad affezionarmi a quel che c'è, faccio fatica a cambiare, perfino a partire. Eppure nelle nuove situazioni, come nei nuovi incontri, finisco per trovarmi bene, benissimo. Entusiasmandomi addirittura.

Rivoluzione, comunque: oggi di certo, perché d'ottobre cos'altro ti verrebbe in mente? Il mito però, coltivato in seguito a letture liceali, è un altro: quello di una rivoluzione estiva, festiva (oltr'alpe) e festosa (per poco). Mito poi corretto e soppiantato dalla più sobria immagine di quel ch'era accaduto esattamente un secolo prima in Inghilterra.

Fuori dai libri, però, nessuna vera rivoluzione mia. Piuttosto un fluire armonico, o un adattarsi anodino, secondo le circostanze. Nemmeno i piccoli scontri hanno mai portato a un ribaltamento totale delle abitudini o a un taglio netto dei legami intrecciati.
Ricordo solo un paio di volte in cui l'avrei fatto, avrei mollato tutto, avrei rovesciato la vita mia come un calzino: in entrambi i casi era il cuore a condurmi, ma le fibrillazioni m'impedirono di procedere con la necessaria lucida levità.

Così, dentro di me, quando si parla di rivoluzione lo si fa come in un sussurro. Chissà che non sia proprio quella la mia strada: uno spostamento morbido, come i movimenti del tai-chi, con la forza docile del giunco. La forza domatrice piccola di cui mi dissero gli I-Ching.
Purché, nel tentativo di procedere senza troppi strappi, non cada addormentato. Oddio, anche se fosse, sono fiducioso nella mia buona stella, che manderà un suo raggio a posarmi un bacio in fronte.

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a cura di Giulio Pianese

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