28 gennaio 2010

Porompo

D'accordo, scenderò dal pero. Quando ci sono salito? Dunque, vediamo: l'ultima volta probabilmente l'altro giorno. L'ultima nel senso della più recente, ovvio. Non che non sia goloso di quei frutti, è che la frutta perennemente fuori stagione e comunque fuori portata fa più male che bene e poi, soprattutto, sui rami secchi ti sbalestri, anche quando non cadi: ti sbalestri fintanto che ci resti su. E poi ricordati che da piccolino il barone rampante non t'era piaciuto affatto, al contrario t'aveva scandalizzato con siffatta ostentazione di cotale stupida ostinazione. Dunque, scendi. Ora.
Bene. Adesso vai a fare altro, che ce n'hai da fare, giù dal pero.

27 gennaio 2010

Nei risvolti delle palpebre

La colpa è anche far finta di niente la volta che ti capita di assistere a un'ingiustizia, lì dove ti trovi, nel tuo tempo. Perché è bene ricordare, ma la memoria collettiva acquista pienezza di senso quando serve a conferire al presente lo spessore necessario a cambiare in meglio il futuro.
L'intento semplice e fondamentale di difendere la dignità umana è indubbiamente condivisibile, purché sia tradotto in azioni coerenti, da ciascuno secondo la propria potenza d'azione diretta.
Nel frattempo, un pensiero di calore a chi gli orrori li ha avuti o li ha ancora lì, indelebili, nei risvolti delle palpebre.

26 gennaio 2010

Quasi sottozero

Stava insaccandosi nell'inadeguato cappotto, mentre tra i brividi metteva i passi uno davanti all'altro e imbacuccati i pensieri restringeva perfino lo sguardo nell'illusione di far calotta ed evitare la dissipazione termica, quando alla coda dell'occhio lampeggiò un istinto d'attrazione. Aveva incrociato una figura carica di bellezza nota, ma sconosciuta all'archivio dei ricordi.
Non volle né poté fare a meno di voltarsi, praticamente all'istante, incollando la vista sul flessuoso asse verticale di cui inquadrò chioma, folta e corta, portamento e calore. Lei dovette percepire quella direttrice polarizzata, giacché lasciò trasparire come un trasalimento, quasi un indugio, prima di riprendere il passo.
D'un tratto dimentico d'ogni svantaggio climatico, lasciò che i muscoli facciali abbandonassero il rattrappimento stagionale per scaldare il volto di un sorriso gratuito. Già contento di quel segnale di vita, trascorse qualche secondo di troppo a compiacersene prima di rendersi conto che non avrebbe più potuto tentare una qualsiasi forma d'approccio senza un decuplicato imbarazzo, data la distanza che quella falcata da puledra aveva posto tra loro nel frattempo.
Semi-inebetito si riavviò, meno raggrumato e sbrigliando un pochino le membra e l'attenzione al mondo circostante. Le persone che incrociava lo fissavano, alcune sorridendo, dal che capì di non avere ancora dismesso la propria maschera raggiante spontanea e inattesa. Basta poco, constatò, a non morire.

25 gennaio 2010

La trama scoppia

- Adesso non è che voglio star lì a farti le menate, ma è non so quanto che stai lì così, in stato catalitico, che mi fai pena mi fai; pena, poi: mi fai proprio incavolare, orcozzio, altro che storie, ma sarà mica la maniera, sarà.

(Inutile pensare di poter andare avanti così, senza uno spiraglio di luce calda in grado di avvolgerti e restare, anzi in grado di avvolgerti e restare perché tu lo desideri, anzi, in grado di avvolgerti e restare perché tu non solo lo desideri ma lo vuoi e sei e fai perché così sia.)

- Varda lì che roba, tutto sto casino, tutto, e le cose si fan mica da sole, eh, bisogna farle, perché ci vuole che si deve reagire, capito?

(Flusso flusso fluttua fluttuo. Flessuose movenze, fluttuante danza, arzigogolami i pensieri, lieve lambiscimi le reti neuronali, ammaliami i soprasensi.)

- Oh, la degnazione, manco una parola, siam gente che stanno male in silenzio, che stanno. Ma dimmi te se è la maniera. Oh, ma ci senti?

(Inutile sperare di poter far materializzare uno sbuffo di spirito, uno sbuffo in grado d'insufflarti vita pura, anzi uno sbuffo in grado d'insufflarti vita pura e fresca, anzi, uno sbuffo in grado d'insufflarti vita fresca e pura e pure gradita e dello stesso tenore vibrazionale di quella ch'emani tu cellula per cellula.)

- Ecco, almeno facciamo due mucchi: da lavare, da metter via, da lavare, da lavare, questo... mmmh, da stralavare, madonna che sentore d'umanità.

(A un passo, è lì, qui a un passo, la percezione dice e crea, la parola e il suo potere, l'evocazione della memoria magica, l'atemporalità e le porte di comunicazione, il colore è vibrazione, ti dipingo in me alle frequenze che saprai captare da ovunque e in ognissempre.)

- Boh, qua nemmeno una a far le pulizie a tempo fisso, pieno, come si dice, nemmeno sette giorni su cinque ci basterebbero, qua a andare avanti così una badante, notte e giorno che è un'indecenza, scusa eh.

(Inutile pensare di poter far materializzare il flusso di luce spirituale in grado di ammaliarti le frequenze, anzi, in grado di percepirti le memorie, anzi, in grado di ammaliarti le memorie e frequentarti il colore vibrazionale, anzi, in grado di dipingere lo spiraglio della trama neuronale, anzi...)

21 gennaio 2010

No, guarda

No, guarda, non posso venire perché è il compleanno di mia figlia.
No, guarda, non posso venire perché ho il compromesso per la nuova casa.
No, guarda, non posso venire perché è morto mio zio.
No, guarda, non posso venire perché mi arriva la visita fiscale.
No, guarda, non posso venire perché devo studiare dei documenti per la riunione di domani.
No, guarda, non posso venire perché mi tocca stirare e ce n'è una pila fino al soffitto.
No, guarda, non posso venire perché voglio assolutamente controllare dov’è finito il libro che dovevo restituire il mese scorso alla biblioteca.
No, guarda, non posso venire perché questa settimana ho deciso di riascoltarmi tutta la discografia delle sigle televisive anni ’80 e sono ancora a un terzo.
No, guarda, non posso venire perché il mio vicino di casa è partito e gli ho dato la disponibilità a firmare per le raccomandate.
No, guarda, non posso venire perché non so cosa mettermi.
No, guarda, non posso venire perché è l’anniversario di quando il pappagallino ha detto “ciao, bel rutto” per la prima volta.
No, guarda, non posso venire perché qua c’è un sacco di polvere e se non spolvero oggi non spolvero più.
No, guarda, non posso venire perché sospetto che uno dei pescetti dell’acquario stia rubando il mangime agli altri due e devo star qui a controllare.
No, guarda, non posso venire perché oggi non è giornata.
No, guarda, non posso venire perché proprio non posso.
Però tu richiamami, eh, che ho un sacco di voglia di vederti.


a cura di Giulio Pianese

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