24 febbraio 2010

Leggere e distruggere

Il gioco era quello di dire il nome di un calciatore che iniziasse con la lettera estratta a sorte. Uno a giro, al tuo turno, finché ne sapevi e poi eri eliminato. L'ultimo vinceva. Fu come insegnar loro a pescare anziché limitarsi a regalare un pesce. Loro erano i miei compagni di naja, alpini da alpeggio al IV C.A., spesso incapaci di farsela passare e sempre più spesso inclini a rimanere in camerata a guardare la tele anziché usufruire della libera uscita man mano che il congedo sembrava paradossalmente allontanarsi come la tartaruga che sfugge ad Achille. La tele era un apparecchio clandestino, che il più topo doveva custodire nel suo armadietto schiacciando oltremodo gli effetti personali nel già esiguo spazio disponibile. Il più topo aveva anche un altro compito ingrato, quello di sorvegliare il corridoio al mattino, per consentirci di dormire qualche minuto in più senza essere puniti dall'arrivo di qualche sergente. Però la sua condizione, la condizione del topo, rimaneva tale solo per un mese, e per un mese uno sopporterebbe ben altro, sapendo che poi qualcuno prenderà il suo posto e così via. Una catena virtuosa, come quella delle diecimila lire che si mettevano per il televisorino, cosicché il congedante potesse recuperare il proprio investimento iniziale. Sono le cinque e venti, apri il culo e stringi i denti, ma invece di qualche scherzaccio crudele che magari in altri contesti succedeva pure, solo un gradito avviso per alzarsi a vedere la finale dei 100 metri, quella vinta dal futuro squalificato Ben Johnson. C'è una morale in tutto questo? Sì, certo, ci sarà. Che cosa abbiamo imparato? Non so. Non lo so nemmeno io. Penso che abbiamo imparato a non rifarlo più. Anche se non ho la più pallida idea di che cavolo abbiamo fatto. Sissignore, è difficile a dirsi.

03 febbraio 2010

Esplosivamente

Oggi è san Biagio, cui tradizionalmente ci si affida per proteggere la gola. In questo periodo ne ho particolarmente bisogno: la semiafonia che mi affliggeva da mesi è attribuibile a una forte infiammazione della corda vocale destra, l'ha sancito con le immagini la fibroendoscopia* e per fortuna gli esami del sangue sono perfettamente nella norma, ché le facce e le domande degli specialisti m'avevano indotto a qualche preoccupazione di troppo (tradurre protocolli medici sbriglia la mente in territori orrendi).
E pensare che fino a un mese fa, se m'avessero detto "cordite" avrei tutt'al più associato il termine alle storie dell'Alligatore, alle sue avventure in noir e polvere da sparo con il vecchio Rossini nei romanzi di Massimo Carlotto.
Ora mi sto lentamente ristabilendo. Curioso che abbia iniziato a farlo prima ancora di iniziare le cure antibiotiche prescritte (sarà una coincidenza o autosuggestione, ma è successo dopo che sono stato oggetto di una sorta di atto sciamanico a distanza, sarà quel che sarà ma se funziona ben venga, come ha detto anche la mia dottoressa).
Se recupererò in tempo, come confido, oltre a riprendere i concerti con i Blubaluba, già richiesti per qualche data in locali pubblici e feste private tra maggio e giugno, conto anche di partecipare al MusiCamp, idea in evoluzione a partire dalle lande di friendfeed.


* che impressione trovarsi in gola un cavo di fibra ottica che ti è stato infilato su per una narice! Facendo le proporzioni, ripenso ammirato e stupefatto a certe graziosità elargitemi in varie occasioni.


a cura di Giulio Pianese

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