26 marzo 2010

Musica? Vita!

Uh, avevo capito che si trattasse di intensificare l'ascolto delle mie stazioni preferite, tipo Radio Popolare o Lifegate. Invece, m'hanno spiegato, radioterapia è un'altra cosa. Ho già il calendario per una serie di applicazioni che con un raggio ultramirato distruggeranno il minuscolo intruso, un chicco di riso non sorridente, senza pregiudicare la corda vocale. Riguardo al canto, nessuna garanzia, si vedrà. Però so che sarò vivo, in giro e che potrò continuare a parlare.

Oggi poi la visita preliminare è finita a grandi sganasciate con il medico quando, dopo esserci resi conto di aver frequentato lo stesso liceo, abbiamo rievocato la gita fatta insieme dalla quinta A quinta B e quarta B, con tanto di episodi disdicevoli debitamente filmati... e meno male che all'epoca non esisteva YouTube!

23 marzo 2010

ADR

Nei verbali, è l'acronimo dell'espressione "A domanda risponde".
Quel che avevo fatto tempo fa in un filone su friendfeed in cui chiedevano:

Sapete che domani alle 20 lascerete questa terra. Che fate nel tempo che vi resta?

abbracciare i figli e parlare con loro, anche solo perché la voce trasmetta da cuore a cuore quello che già sappiamo; stare di nuovo per un po' (per sempre!) con una amatissima, per la bellezza di quei momenti d'eternità in cui il tempo si schiude in petali infiniti. --- Vorrei anche salutare tutti quanti, ma sarebbe impossibile in così poco tempo, a meno di scrivere un post. Ehi, ecco un altro vantaggio di avere un blog.

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No, guarda che non ho alcuna intenzione di, è solo un esercizio per capire cosa conta davvero e per farlo bisogna rispondere a bruciapelo, senza eludere e senza tentennare. Nel frattempo, riascolta questa.

22 marzo 2010

42

Quarantadue è un numero particolare, specialmente per chi ha letto, ma anche per chi come me non ha ancora mai letto quel testo fondamentale. Inoltre è il doppio di ventuno, numero magico di suo. Insomma: 42 suona bene, è divisibile anche per tre e per sette, si può dire sia un bel numero, ma se lo tiro in ballo è perché corrisponde alle vasche nuotate oggi pomeriggio, a una settimana da quando con indosso un camice bianco e accanto a un'infermiera dolcemente nostalgica di Margine Rosso e dei papassini, con l'ultima immagine sorridente del paio d'occhi scuri di un'anestesista dal nome in apparenza cecoslovacco, ma brasiliana d'origine libanese, m'han messo a dormire prima di ravanarmi in gola.

Ora, so bene che una quarantina di vasche sono una bazzecola se non una ridicolaggine per chi nuota sul serio (tipo Enzo coi suoi cimenti o Raffa coi master, e non voglio nemmeno pensare alla Tengi e ai suoi severi criteri), però per me che non son nessuno e che semplicemente approfitto una volta alla settimana dei 50 minuti in cui il mio Lorenzo segue il corso medio-avanzato (il patatino sta già imparando la virata e i rudimenti del delfino), per me, dico, quarantadue vasche sono una bella soddisfazione, nonché una di quelle cose che si fanno solo da vivi. E me ne compiaccio, giacché compiacersi tra un sorriso un bel pensiero e uno zuccherino è cosa buona e giusta, oh.

20 marzo 2010

Dai pixel alla lavatrice

Tempo fa avevo letto un consiglio pratico derivante dall'esperienza diretta di (C)assetto variabile. Oggi l'ho applicato e posso confermare che funziona.

Si trattava di questo (in sintesi: aceto bianco al posto dell'ammorbidente).

18 marzo 2010

Firulì firulà

La storiella di Socrate e della cicuta la usai una volta per convincere un bravo chitarrista che valeva la pena dedicarsi a perfezionare l'esecuzione di un pezzo sebbene lui fosse in procinto di partire e dunque di lasciare per sempre il gruppo. A margine, non fu un per sempre, ci fu un revival, ma non era quello il punto. Il punto era che per decidere se vale-la-pena-di non si deve puntare su motivazioni esterne: non si può puntare sul futuro perché è ignoto, non si può puntare sull'utilità perché è incerta o discutibile, non si può puntare sul rosso e sul nero contemporaneamente perché alla fine se non sei il banco ci rimetti i soldi e la serata. Su cosa si debba puntare non posso dirtelo, non perché sia un segreto, ma perché è come il dito di Jack Palance: la cosa è la tua cosa, non potrebbe essere altrimenti, se te la dico io non è più la tua cosa e se non ti pago non ha senso che ti sforzi per realizzarla. Poi è pur vero che se anche potessi dirtelo, non te lo saprei dire, perché delle due l'una: o non m'interessa abbastanza di te e quindi non ti conosco fin dietro le pupille oppure m'interessa molto di te e in tal caso il mio parere sarebbe condizionato dal coinvolgimento. Non resta che tacere? Tacere o raccontar storielle, ma senza raccontare storie: ridicolo vantarsi di avere la soluzione in tasca, soprattutto mentre ci si pensa o ripensa nudi. Invece, dai, se non vuoi raccontartela, usa la scaltrezza e nota che una storiella usata manca di freschezza, che le alternative sono artificiose e che, in luogo del dito, un buon veterinario utilizza un braccio, sa che con le vacche ci vuole tutto, a costo di farsi inondare ogni tanto dalle loro esternazioni.

14 marzo 2010

Se tutto va bene

Domani, lunedì 15 marzo, mi sottoporrò a un intervento di microchirurgia alla corda vocale destra. Se tutto va bene, dopo un paio di settimane di silenzio ricomincerò a parlare normalmente e poi, spero, anche a cantare.
Baci e sorrisi, ciao.

Aggiornamento: sono già a casa. Riposo vocale almeno fino alla visita di controllo del 23 marzo.

12 marzo 2010

Baci e abbracci ineffabili

Ho letto un post di chiaratiz (val sempre la pena leggerla, sempre) e mi è venuto in mente che ci sono delle foto, e ne sono contento perché è più facile agganciare i ricordi ai sensi più immediati, ci sono delle foto in cui una Cajuina di pochi mesi mi sta in braccio accarezzandomi la faccia, ma accarezzandola come se ne misurasse o ridisegnasse i lineamenti. Una roba di quel genere lì indescrivibile, uno scioglimento che fa confondere tra loro l'epidermide e gli apparati interni, inondando tutto di un sorriso che s'irradia fino a far bene al mondo.

08 marzo 2010

Jon-fen

Qualche sera fa sono andato ad ascoltare Jonathan Safran Foer. Era alla Feltrinelli a presentare il suo ultimo libro. Io c'ero andato per due motivi: uno, per distrarmi; due, perché lui ha scritto Everything Is Illuminated (Ogni cosa è illuminata).

Il suo ultimo libro però non c'entra con quello, non è nemmeno un romanzo, anche se lui sostiene che più che un saggio sia un diverso modo di raccontare una storia. Se niente importa (sottotitolo "Perché mangiamo gli animali?") parla di alimentazione, o meglio, parte da lì ma a quanto pare dice molto di più.

Sul libro non posso pronunciarmi, non avendolo letto, ma dell'autore posso dire che mi è piaciuto ascoltarlo: lui è diventato vegetariano, ma nelle sue argomentazioni sul consumo di carne è tutt'altro che integralista; mostra flessibilità e ragionevolezza, auspicando cambiamenti comportamentali anche minimi.
L'obiettivo è quello di contrastare l'allevamento intensivo o industriale (factory farming), con il suo carico di supplizi inflitti a esseri viventi, il dannosissimo uso massiccio di antibiotici e l'enorme impatto ambientale. Safran Foer fa notare che anche solo un pasto carnivoro in meno alla settimana inciderebbe molto a livello di inquinamento, tanto per dirne una (se lo facessero tutti gli statunitensi, equivarrebbe a togliere dalla strada 5 milioni di veicoli).
Inoltre ha l'intelligenza di considerare l'intero ventaglio dei possibili aspetti della questione, rimanendo aperto alle eventuali obiezioni, rispettando i diversi punti di vista e considerando una vittoria qualsiasi variazione comportamentale orientata verso una maggiore consapevolezza, di sé e del mondo in cui ci si trova.
Così, non mangiare carne o mangiarne un po' meno o mangiare solo quella che ci gustiamo veramente o mangiare solo quella di ottima qualità sono tutte scelte che produrranno benefici in vari ambiti: la salute personale e quella del pianeta, la percezione di sé e della propria capacità di incidere sul futuro, l'evoluzione delle considerazioni etiche e del senso di responsabilità nei confronti dell'umanità presente e prossima.
Ogni nostra azione quotidiana determinerà dei cambiamenti, perché contiamo molto di più come consumatori che non come elettori.

A giudicare da quel che ho visto e sentito, è uno scrittore anche quando parla, per il senso del ritmo, per il gusto del raccontare, per la presenza di sé e la capacità di ascolto. In più mi piace che nella sua compostezza sappia essere spiritoso e trasmettere la sua gioia di vivere.


a cura di Giulio Pianese

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