29 febbraio 2012

Cotillon

Eccola dunque questa giornata regalata: effimero per eccellenza, il 29 febbraio, quasi fosse lì a ricordare la preziosità unica di ciascun giorno.

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* (un giorno in più)
** (precedenti)
*** (un giorno speciale, in fondo)

28 febbraio 2012

Arco diurno

L'aurora oggi ha la testa tra le nuvole, nuvole di cui l'alba farà carta dorata. Poi uno scintillio di panna si muterà in lattiginoso mare dietro al quale sguscerà la luce dell'astro più acceso. È allora che i cirrocumuli vivacizzeranno il ton sur ton, ben prima che chiazze di calore troppo schermato preannuncino obliquamente un timido roseggiare. Infine, in un ultimo cromatico sussulto, il sole andrà sontuoso a deporsi, distante freccia, in attesa dell'altrui disporsi, stasera.

È stato un post in progress: 06:42 - 13:30 - 15:09 - 17:00 - 18:23.

27 febbraio 2012

Goccia

L'acqua ossigenata sa sciogliere le macchie di sangue su un lenzuolo affinché dopo il lavaggio non ne resti traccia. La memoria invece brucia l'ossigeno e staglia le immagini cavandole dalla penombra. Con un sorriso proietta di nuovo quella goccia di sangue scuro sulla coscia, con un sorriso e senza paura alcuna. Vista che funziona con poca luce, tatto di seta e olfatto d'ebbrezza, stupore udito anima e gusto gli altri sensi, tra memoria ultratemporale e onde di presente. Senza paura di quel sangue proibito e non mescolabile, temibile e bello per la sua provenienza. Amore temerario e fiducioso oltremisura, protettivo e proiettivo, amore di conoscenza e superamento di sé, amore esploratore, fino al centro della terra, fino allo specchio della guarigione. L'acqua ossigenata che friccica quando rimargina le escoriazioni brucia ma aiuta a cicatrizzare meglio, con bellissime indelebili tracce.

26 febbraio 2012

Solo sole e vento

Oh, ma il sole, eh? E il vento? No, dico, sole da scaldare la pelle nuda delle braccia, eh. Vento, dico, spazzanubi da intonso nitore, non so se, oh. E guarda il cielo: cielo da sguardo perso in su, cielo da azzurro terso e più, da foglie danzerecce nello scintillare, da voglie che, ecco, che non ti dico perché non voglio usare i verbi al condizionale, non oggi, no. Uno splendore di giornata, qui, e io ho lavato il balcone. Uno splendore di giornata e io ho buttato, anzi forse donato, un vecchio giaccone. Uno splendore di giornata e mi sono allungato in un giro a vuoto e a scintillare era il mio immotivato sorriso, lo sentivo come se lo vedessi da fuori: dal sagrato coi sassolini sbuffati via, dalle strade semideserte, dal giardino senza più il salice piangente di quattro anni fa, dallo spiazzo del mercato del venerdì, dal ricordo delle parole "saranno sole e vento a dirci dove andare", dalla cancellata dei giardinetti, da una telefonata urgente fatta da lì due primavere fa, dalle stelle filanti variopinte che riposano sull'erba dopo i festeggiamenti di ieri, dalle badanti ucraine che sorridono a loro volta dalla panchina riparandosi i capelli nel cappuccio, dall'incrocio percosso dal vento che s'incanala tra le palazzine, da una scia d'aereo che pare una chioma chiara e da una chioma scura che m'è passata accanto e che riguardo da dietro. Poi torno, sapendo che questo è solo un anticipo, di primavera e musica imminenti.

25 febbraio 2012

23 febbraio 2012

Quando la banda passò

L'ho sentita e sono subito andato ad aprire la finestra meglio orientata per udirla meglio. Forse sta suonando nel piazzale antistante alla chiesa, forse in una delle vie limitrofe, non so perché non la vedo. Ho però ascoltato una marcetta e un'altra poco dopo, niente di che in realtà, eppure irresistibile richiamo.
Più o meno come succedeva alla mia bisnonna romagnola, stando ai racconti di sua figlia Teresita: la Iacmèina (Giacomina), quando non era occupata a partorire, faceva la contadina; ogni volta che la banda suonava, lei si spostava dal lato del campo più vicino, contenta di quel godimento. A casa sua non c'erano la radio né altri apparecchi di riproduzione sonora, e comunque la musica sarebbe stata bandita dalla rigorosa severità dell'ottocentesco capofamiglia. Era dunque, il suo, un assaporare impreziosito dalla fame, la quale è notoriamente il miglior condimento di qualunque pietanza.

E oggi? Non è certo la penuria a indurmi il fanciullesco entusiasmo, quando basterebbero un paio di clic per avere a disposizione quasi qualunque brano di qualsivoglia genere. Sarà allora il fascino dell'esecuzione dal vivo, preziosa in quanto irripetibile; sarà la nostalgia di un passato vissuto indirettamente, come la tv attraverso la radio*; sarà il desiderio di ali che servano a volare ma che sappiano anche proteggere o accudire.
Nel frattempo, là fuori le arie più leggere sono state rimpiazzate da una marcia funebre e capisco che si è trattato di un funerale come si deve: accompagnato dalla musica e da qualche parola di apprezzamento. Un funerale quasi come quello del Marieuz (Mariuccia, la sorella maggiore di mia nonna), che ebbe l'accompagnamento della banda di Galeata che suonava la sua preferita: Romagna mia.

* questa versione è stata trasmessa l'altra sera da Ratka Piratka.

22 febbraio 2012

Giudizio universale

Ai ragazzi di due diverse classi a scuola ho fatto fare un gioco, riesumando quello che il settimanale satirico Cuore portò avanti per circa tre anni quasi un ventennio fa.
Scrivere "Le 5 cose per cui vale la pena vivere" è un buon esercizio di per sé, lo sarebbe per tutti. Nel caso specifico è servito come punto d'avvio per stimolare discussioni e qualche accenno di approfondimenti: differenze tra sesso e amore, tra strumenti e fini, tra soggettività e oggettività. Interessante anche notare come, accanto a ovvie esplosioni goliardiche e qualche scartamento provocatorio, i valori più gettonati siano stati quelli tradizionali e più rassicuranti, ossia famiglia e amici.
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La classifica finale della rubrica di Cuore, con i dieci valori più votati dai lettori, fu pubblicata come Top ten per l'eternità sul n. 140 del "Settimanale di resistenza umana", uscito il 4 ottobre 1993.

21 febbraio 2012

Sassi

Oggi ho letto un commento bellissimo in calce all'ennesimo bel post di Sphera. È firmato Bandini, uno che aveva un blog notevole, ingoiato dalla dissoluzione di Splinder. Dopo averlo riportato su CuT'n'PaStE, lo cito anche qui. Dice:
Io a dieci anni sapevo tutti i sassi della strada davanti casa mia.
C'è da rimanere lì, imbacaliti dall'incanto riverberante l'epoca in cui "fare" e "essere" coincidevano in ogni istante. C'è da risognare, c'è da reimparare, c'è da ammirare e imitare chi più di qualche volta ci riesce ancora. Ricordati di esserne capace, animadorata, e ogni volta un raggio misterioso si anniderà tra i tuoi capelli.

20 febbraio 2012

Fino al pentagramma e oltre

Ci sono casi in cui la comunicazione patisce oltremodo le limitazioni. Tipo se ti dico una cosa al telefono e non è esattamente quello che intendo, perché quello che intendo non sono parole e quindi posso solo descriverti più o meno vagamente, per esempio, un'azione. Peggio ancora se quello che intendo non è nemmeno un'azione, ma un sentimento, forse-ma-forse parzialmente trasmissibile come onda carezzevole, di certo non in un involucro di sillabe dette e non dette. Massima frustrazione, poi, se il contenuto da comunicare è un coacervo di sensazioni e sentimenti e intenzioni e patimenti, slanci irrefrenabili e coscienza dei limiti, propri e imposti da divisori altrui. E allora? Perché mai rinunciare? Ci sono pur sempre altri linguaggi capaci a modo loro di portare una carezza come un'onda, un'onda come una carezza.

19 febbraio 2012

Ride il telefono

Il mio amico Cesare (Cece), che oggi ha compiuto gli anni (auguri anche da qui!), da piccolo aveva anche un soprannome: Cisca, come lo chiamavano soprattutto i compagni di squadra di calcio. Lui, di una pigrizia leggendaria, in campo si è sempre trasformato in cursore infaticabile e grintosissimo.
Al di fuori del terreno di gioco, però, l'indolenza prevaleva, potente fino al contagio, soprattutto nell'ambito scolastico. Così talvolta, nei primi anni di liceo, anziché sui libri passavamo i pomeriggi a fare scherzi telefonici, con giochi di parole stupidotti e voci e vocine varie, in quell'epoca di apparecchi con combinatore a disco.
Non mi stupii troppo, perciò, quando rispondendo una sera al telefono sentii la sua imitazione di una vecchietta che cercava del "signor Pianesi", deformando la desinenza del mio cognome in puro stile brianzolo.
Dopo aver ridacchiato, urlai nel ricevitore: "Cisca, pirla!"
Un momento di silenzio e poi, dall'altra parte, la stessa voce ancor più tremula: "Scuuusi, devo aver sbagliato numero."
Richiamò poco dopo e lasciai rispondere mio padre: era un'anziana e affezionata cliente del suo bancolotto che intendeva chiedergli consiglio per una giocata.

18 febbraio 2012

Bau

Ha detto semplicemente così, ma l'ha detto in tono molto contento, Samba, la femmina husky che siamo andati a trovare oggi al canile di Milano. Non so se abbia avuto cuccioli nella sua lunga vita, ho visto però come son contenti i miei di averla adottata a distanza (con l'aiuto di Licia).
Puoi farlo anche tu: il Parco canile ospita e aiuta molti quadrupedi bisognosi di attenzioni e di qualche euro.

17 febbraio 2012

A lume di naso

Forse è realmente il trait d'union tra corporeo e invisibile, ma non è vero che un odore lo si può ricordare solo dopo averlo risentito. Altrimenti non mi spiegherei, per esempio, l'improvvisa madeleine tardopomeridiana da inchiostro di calamaio, l'occasionale effluvio d'incenso pur in assenza del braciere, né le volte in cui l'olfatto si lascia ingannare dai balzi temporali del cuore dei sensi, quel palpito incontrollabile che si muove da sé quando vuole, come vuole, perfino se non vuoi, perdurando a scrutare a modo suo nel buio delle distanze di troppo.

16 febbraio 2012

Un popolo di toticutugni

La prima volta che ci feci caso, fu perché la udii dalla voce della moglie del presidente del consorzio del Centro archeologico della città di Grenoble. Se la godeva tutta, cantando a piena gola in un sorriso solare: "Lasiatemi k-hant-are / con la citàra in mano". Di quella canzone, non sgradevole da sentire una tantum, c'era da incensare un verso cui forse all'epoca non davamo adeguata importanza, quello di "un partigiano come Presidente" (eh, già, era proprio così)*.

Oggi, dopo ben oltre un quarto di secolo, la stessa melodia viene impiegata per uno spot pubblicitario che istiga a scommettere denaro sull'estrazione di alcuni numeri. Il testo è stato adeguato alla bisogna, per cui l'esigenza primaria passa dal canto al sogno. In effetti, si tratta di un comportamento talmente diffuso che non è difficile riconoscersi in quel "Lasciatemi sognare / sono un Italiano": capita anche a me, le volte in cui decido di buttare un euro tentando la sorte contro ogni ragionevole probabilità. Il sogno, chiaramente, è quello di risolvere ogni cosa in un istante e senza fatica.

Come antidoto alla doppia fallacia, mi ci vuole una voce ancora più antica, quella coi capelli bianchi di mia nonna, che ridendo ammoniva: "Chi dal lotto aspetta soccorso / mette il pelo come l'orso".

* Nota marginale: i mondiali di calcio si vincono quando in carica c'è un uomo proveniente dai partiti di sinistra (vedi Pertini per il 1982, vedi Napolitano per il 2006... quanto alla doppietta 1934-1938, beh, in fondo il puzzone era un ex socialista).

15 febbraio 2012

Due etti e mezzo di sillabe

L'erba e la terra dei giardinetti si erano già bevute quasi tutta la neve, il sole titillava la pelle invitando a scoprirla in spregio a ogni prudenza. Già lo sguardo saliva trasognato nell'improvviso azzurro. Trasvolami il tuo dire raggio dopo raggio, dis-astro lucente.
Pane fette biscottate marmellata uova biscotti, ma che lista è questa, riformulala. Non vale aggiungere al momento altra marmellata formaggio e cioccolato fondente con nocciole perché possa dirsi completa. Fa freddo, dice l'omino lì fuori che patisce più di te, nonostante i tuoi debiti. Svuotati le tasche degli spicci e la bocca di un saluto prima di ripartire con la spesa.
Il sole scintillava sui residui di neve sporca, invitando a scoprire il pregio dell'impudenza. Passi obliqui sui margini di ghiaccio croccante, immotivatamente ottimista, questione di accordi. Non credere però che la primavera arrivi in quattro e quattr'otto. Ci vorranno... beh, ci vorranno settimane, perché arrivi. Intere settimane, sì.

14 febbraio 2012

Sanvalentineggiandoti

Il cioccolato dovrebbe fungere da surrogato e non da materia prima in certe occasioni. Lo stesso dicasi, in un certo senso, di tutti i gesti e gli oggettini in qualche modo marchiati e macchiati dal festeggiamento coatto. Insomma: se ti viene voglia di festeggiarla quasi ogni giorno, allora festeggiala anche oggi, la cosa degli innamorati, altrimenti lascia perdere. Tutto ciò, naturalmente, se ti trovi nella compagnia giusta. Se no, fai altro, qualcosa che ti piaccia davvero. Per esempio, esci e prova ad accostarti alla musica per importare un pizzico della sua magia nei tuoi passi, almeno in parte, almeno un po'.

12 febbraio 2012

11 febbraio 2012

Prendersi il tempo

Il linguaggio aiuta a capire meglio la realtà, non solo a fissarne qualche punto. Le altre lingue aiutano a capire meglio alcuni meccanismi, non solo a segnare qualche punto.
Così, per esempio, sapere che in inglese per "trovare il tempo" lo si deve "prendere" (infatti si dice "to take the time") è utile per rifornirsi della determinazione necessaria a dettare i comportamenti giusti, quelli che ti evitano di rimandare i contatti affettivi a momenti migliori che non arriveranno mai da sé.
Pensa a quel che conta davvero e agisci subito. Vai a trovare i tuoi figli o i tuoi genitori o i tuoi amici o i tuoi amori, attuali o futuri. Poi, certo, dovrai recuperare il da farsi in orari imprevisti, ma avrai spazzato via per sempre le nubi del rimpianto.

10 febbraio 2012

Lampo senza flash

All'improvviso vedere in una parete il vuoto, dove invece andrebbe un quadro, un'immagine o una foto. Spazio bianco di solitudine da un divano poco comodo, subitanea coscienza di manchevolezze, negligenze, trascuratezze, deficienze nelle attenzioni da prestare al proprio nido. Finestre comunicative sempre aperte su mondi e spazi fino ad annullar distanze, ma limitata cura della tana. Caro mio orso inconsapevole, ponivi rimedio, dice il grillo un istante prima di sottrarsi alla martellata. Ho lavato il pavimento per ballarci meglio, dal mocio all'ocho, risponde garrulo il fessacchiotto. Garrulo te lo potevi risparmiare. Sì, in effetti, sì. Comunque, dacci dentro.

09 febbraio 2012

Carnevali ardenti

Tira in aria una manciata di coriandoli. Sono colorati, ma non a tinta unita: ciascuno di essi riporta un brano intero, scritto in caratteri microscopici, recante il destino di un desiderio. Guardali salire, indugiare nell'intervallo infinitesimo tra moto ascensionale e richiamo gravitazionale, leggili tutti insieme in un lampo d'intuizione comprensiva, soffia e ridi, solleva i muscoli e apri il fiato, ridi col viso e con gli occhi, ridi di ebbrezza. Poi lascia che ricadano, pioggia lievissima di carta variopinta. Carta carica, tu segretamente lo sai, di mille e mille e mille parole, parole di tutti e anche tue, parole di auspici e capricci, aneliti e concupiscenze, volontà di cupidi Cupidi. Non ripararti, non scansarti, non importa se al momento ti sembra che quei coriandoli non ti riguardino. Lascia che ti solletichino e poi lanciane un'altra manciata.

08 febbraio 2012

E poi dormire

A paralizzarti può essere la pigrizia, può essere il clima o qualche altra scusa, oppure può essere la congestione di quanto vorresti fare: troppe cose insieme nel tuo collo di bottiglia spaziotemporale, un qui e ora troppo obliato e poco obliterato. Se succede, è innanzitutto perché hai dimenticato di respirare come si deve, è perché vai in apnea trascurando di prendere fiato o di emetterlo fino in fondo. Poi, magari, è a causa dell'impazienza, del pensiero che s'aggancia alle pulsioni proiettandosi più avanti delle reali possibilità di attuazione (è l'altra faccia della medaglia di un atteggiamento fiduciosamente ottimista). Beh, non è che ci siano ricette pronte, se non affrontare le incombenze come diceva Churchill: "One by one", una alla volta. Compreso il dormire. Nighty-night, sleep tight.

07 febbraio 2012

Sgelami, grazie

Nel suo blog, Leah Dieterich scrive ogni giorno un bigliettino di ringraziamento. A qualsiasi cosa, perché c'è sempre qualcosa a cui essere grati: dalle canzoni che ti imbarazzi di apprezzare, alle palpebre pesanti che ti dicono quando hai bisogno di dormire; dalla compagnia aerea che ti permette di intrecciare una relazione a distanza, alla stazione radio che trasmettendo jazz ti fa sentire come in un film di Woody Allen; dagli amici agli amori, dalle felicità alle tristezze, Leah trova in ogni dove un motivo sufficiente a svolgere il suo quotidiano esercizio di gratitudine.
Ritengo sia un bell'esercizio e che serva a non dare niente per scontato.
Per esempio, hai pensato alla fortuna di tornare la sera in una casa riscaldata? Ringrazia la caldaia, se funziona. Comunque, battute a parte, il gelo fa gelare il cuore se si pensa a chi questa fortuna non ce l'ha.

06 febbraio 2012

D'un tratto

Lascerò il corrimano mentre salirò e scenderò le scale a quattro a quattro, attraverserò di corsa il cortile scavalcando la rete per uscire sul retro e solcherò rapido i campi sbucando in nuovi sentieri costeggianti le molli zolle. Per fuggire lo farò, per sfuggire, per saltare, per evolvere. Per lanciarmi e per sganciarmi lo farò, per salvarmi. Schiverò i colpi saettanti, morderò il respiro accelerato, l'adrenalina si sarà mangiata la paura, sarò tutto vivo finché lo sarò, sarò tutto io, tutto lì e in quel mentre, tutto vivo veramente. Sarò un proietto più veloce dei proiettili, arriverò prima di me, perfino. Sarà tutto di colpo e tutto eterno come un infinito schiudersi in avanti. Sarà tutto quasi così nel futuro da saper davvero che cos'è il presente.

05 febbraio 2012

Se ti avvicini te lo racconto per bene

Il messaggero onirico sostiene che se ti sogno due volte è perché ho bisogno di te, è così che dice in caso di bis. Eppure non l'avrei detto, manco ci pensavo. Se due persone si sognassero a vicenda nella stessa notte, mi sono sempre chiesto, non è un po' come se si incontrassero davvero. E se, scoprendo tale porta, ritrovassero eden perduti, avrebbero la forza di volontà di tornare indietro, varcandola a ritroso. Non ci sono punti di domanda e nemmeno risposte, ma probabilmente non importa.

Mi torna in mente una vecchia canzone scritta per i Fragole e sangue. Non la incidemmo mai, ma ne ricordo almeno un'esecuzione dal vivo, credo fosse alla facoltà di architettura occupata, a Milano sul finire degli anni ottanta:
Sognami, io ci sarò
Ad assaporare te
Per aver gli umori tuoi
Addosso
Lete di magia

Guardami, ti penserò
A compenetrarmi in te
Perso negli amori ma
Indosso
Luci di magia

04 febbraio 2012

Tapparelle giù

Annusata dal balcone, oggi l'aria qui fuori, bianca di neve, sapeva di montagna.
Stanotte, bianca di luna ma umida e viola, è tutta intrisa di città.
È tutto troppo elettrico, meglio spegnere e immergersi tra le coltri.
Fino a domani e alla nuova luce riavvolgibile.

03 febbraio 2012

(s)Tralci di vite

Con la scusa di san Biagio mi sono scofanato mezzo panettone semiartigianale. Che poi di Biagio, in vita mia, a parte l'amico vagabondo di Lilli, ho conosciuto superficialmente solo un signore, qualche decennio fa. Di lui non ricordo granché; molto, invece, della sua famiglia, anche perché per qualche anno abitammo nello stesso condominio: dei quattro figli, tutti belli, i due maschi furono scolari di mia mamma e una delle femmine fu compagna di classe di mia sorella. L'altra, pochi anni più grande di me, era un mito per noi fanciulli non ancora ragazzini e tale rimase anche in seguito, perfino quando la conobbi un po' più da vicino scoprendo tra l'altro qualche affinità negli ascolti musicali.
È che se qualcosa o qualcuno ti pare inarrivabile, puoi star certo che non ci arriverai, a meno che non sia la montagna stessa a venirti incontro. E tuttavia, nel momento in cui il fenomeno dovesse verificarsi, se starai lì a badare di non farti travolgere non riuscirai comunque a salire al volo sull'incredibile convoglio. Oppure, per ironia, talvolta di convogli ce ne saranno due nello stesso istante: nessun indugio sarà ammesso, ma non è improbabile che la scelta comporterà un successivo rimpianto.
È quanto successe, in tale vendemmia di vite sfiorate, quella domenica pomeriggio al cinema in cui, adolescemo, mi sedetti accanto a un nuovo batticuore destinato a durare tre settimane, anziché accondiscendere all'invito ansioso di una mano ancor più giovane di me che graziosamente mi stringeva il braccio salendo gli scalini.
Basta, altrimenti finirò per scofanarmi anche l'altra metà del panettone, tra un sorriso goloso e un pensiero leggiadro alla seconda figlia del santo del giorno.

02 febbraio 2012

Tre, due e dieci

Di mamma ce n'è una sola, ma io ne ho avute tre. Colei che patì per farmi nascere (grazie!), sua sorella mia zia mia omonima, e la mia nonnina. Tre perché tutte e tre mi hanno badato da piccolo. Anzi, fosse stato per loro, non avrebbero mai smesso (e in un certo senso, davvero non hanno smesso mai).

Oggi, scivolando su una lastra di marmo nascosta sotto un immacolato strato di neve, ho ruzzolato cavandomela senza danni: mi son girato come fossi un gatto e ho messo giù le mani ridendo, tutto in un istante, senza quasi nemmeno il tempo di spaventarmi. Oggi, due febbraio, fanno dieci anni che quella coi capelli bianchi non c'è più.

Stasera ho ripensato a quella volta che da piccolo caddi sul ghiaccio trascinandomela e a come per tanti anni, nonostante le mie rassicurazioni, continuò a sentirsi in colpa per il mio sopracciglio rotto nell'impatto. Stasera ho riso di nuovo pensando che magari c'era anche lei lì oggi, quando me la sono cavata senza danni e ridendoci su.

01 febbraio 2012

Giùperstizioni

In tempi di pezzi di web che svaniscono (tipo splinter che va in schegge), annoto che la memoria di noi unità al carbonio rimane sfiziosa per capacità di permanere, perlomeno finché alzheimer non ci separi.
La cosuccia portafortuna di pronunciare le parole "rabbit rabbit" appena svegli il primo del mese me la ricordavo da un vecchio blog della primissima ora, ocurréncia (di Valentina "bellachioma" Tampellini). Solo in seguito ne cercai e trovai una spiegazione più ampia su Wikipedia, spiegazione comprendente la formula "rabbit, rabbit, white rabbit". Stamane mi è venuta in mente e alle labbra; di lì alla canzone, il passo è breve come un blip. Feed your head (and your blog).

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Nota: qui sopra non ho inserito i link al blog menzionato perché fanno scattare una segnalazione di malware. In verità, visitandoli non mi è successo alcunché (ho antivirus e firewall AVG), ma ci ho tenuto ad avvisare.
Sono questi: 1° luglio 2002 (Rabbit! Rabbit!) e ocurréncia (home page, aggiornata al febbraio 2007).


a cura di Giulio Pianese

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