25 maggio 2012

Piccole droghe

Se in questo momento stessi viaggiando in auto, accosterei. Se stessi guidando in autostrada, mi fermerei alla prima area di sosta o di servizio, parcheggerei, reclinerei il sedile e mi farei una decina di minuti di sonno. Poi ripartirei: ritemprato e sicuro di farcela ad arrivare, riprenderei il tragitto senza chiedermi perché stia procedendo nella direzione che mi allontana dai desideri. Custodirei nel sentire corporeo, insieme alla fatica, il compiacimento di credere che ne sia valsa la pena. Saluterei come ineluttabili i cartelli stradali fugacemente schierati ad accogliermi e i lampioni accesi. Proseguirei fino all'ultimo tratto contrastando la stanchezza riaffiorante. Posteggiando sotto casa, pregusterei l'agognato riposo. Girata la chiave nella toppa, posati zaino e borse, affronterei con le residue energie le piccole operazioni di vivibilità e poi, finalmente pronto a dormire, rimarrei invece a cincischiare per casa o davanti a un monitor fino a ciondolare. Raggiungere lo sfinimento sarebbe forse un modo per imbrigliare la lucidità, quella del pensiero e quella degli occhi, non paghi di tuffarsi da troppo tempo in cieli troppo lontani.

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a cura di Giulio Pianese

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