29 luglio 2012

Seele vuol dire soul

Almeno due persone care, di provenienza diversa e tra loro sconosciute, hanno sostenuto negli scorsi mesi che il tango sia per me una sorta di compensazione dell’anima, un modo di intonare col corpo la melodia che non riesco più a esprimere come prima con le corde vocali.
Premesso che le mie intonazioni danzerecce sono ancora inadeguate e che sto semplicemente muovendo i secondi passi da principiante, in effetti questa passione mi sta conquistando sempre più, per tutte le componenti che ruotandole intorno vi s’intrecciano: musica, condivisione, socialità, apprendimento, esplorazione, sensualità.
L’altra notte ho sorriso tra me e il firmamento dopo una serata di tango. Reduce da una giornata lunga e bella quanto impegnativa, l’avevo voluta ulteriormente allungare andando alla milonga organizzata in piazza Verdi a Bolzano e spostata all’interno del teatro causa pioggia. Dapprima si è ballato e sudato al suono di un’orchestra con tanto di cantante argentino (bravi e gran bella voce), poi si è continuato al piano di sopra con un musicalizador dalle sequenze gradevoli quanto efficaci. Alla fine di tutto, dopo le tande, le chiacchiere e i saluti, ho fatto ritorno a Castello di Fiemme e nel cuore della notte ho sorriso tra me e il firmamento quando mi sono reso conto che, contrariamente a quanto sarebbe stato prevedibile, avevo zero sonno: vispo alla guida e all’arrivo, dopo aver parcheggiato e mentre constatavo che le innumerevoli stelle profumavano di legna, ho colto un’analogia ripensando alla sensazione carezzevolmente adrenalinica di ogni dopo concerto, quando il sonno scavalcava orologi e fusi orari per lasciar pulsare l’anima ancora per un po’.

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a cura di Giulio Pianese

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