18 marzo 2013

Milano verticale

Di Gianni Biondillo non ho ancora letto i libri su architettura e urbanistica, ma ho letto e apprezzato i noir con l'ispettore Ferraro, ambientati a Milano con base a Quarto Oggiaro, dai quali si evince l'amore che questo scrittore porta al capoluogo lombardo. Di amore critico si tratta, ché della città, centro e periferie, non nasconde i difetti e le spiacevolezze, ma pur sempre amore è. Di quelli che ti fanno scoprire gli angoli nascosti, svelandoti perle segrete che magari ti capitavano alla vista, ma non alla consapevolezza. Di quelli, insomma, capaci di farti dismettere lo sguardo tipo mucca-che-guarda-il-treno e accogliere invece, e talvolta abbracciare, scorci di realtà urbana che almeno per un po' ridiventa, come sempre dovrebbe essere, umana.

Sabato mattina ho constatato di persona quanto mi era stato riferito: che Gianni Biondillo, scrittore brillante, è brillantissimo di persona. Grande parlantina efficace e diretta, intelligenza e comunicatività condite di spirito, argomentazioni interessanti e in gran parte condivisibili. Con queste doti ha attirato un numero di persone più ampio del previsto e ci sono state alcune difficoltà organizzative da superare, ma il giro ha avuto luogo, godendo anche del nitore di una giornata fredda ma luminosissima.
Sotto la volta della Stazione Centrale ha introdotto l'argomento, poi con le successive tappe ci ha fatto considerare da vicino, ammirandoli da sotto, il Grattacielo Pirelli, la Torre Breda e la Torre Galfa, esempi del primo vero slancio verticale della città di Milano, avvenuto negli anni Cinquanta sull'onda dello straordinario boom economico dell'epoca. In seguito siamo passati alle costruzioni più recenti: il nuovo palazzo della Regione Lombardia e il complesso cantiere in zona porta Garibaldi-ex Varesine, con la "Unicredit Tower" a svettare incurante su tutto.

Le differenze tra i grattacieli delle due epoche sono sostanziali: quelli furono un esempio imitato da altri (il Pan Am Building si ispirò chiaramente al "Pirellone"), erano inseriti nel contesto urbano (la Torre Breda presenta un avancorpo che si innesta perfettamente nelle linee degli edifici adiacenti: è fatta per stare esattamente a quell'angolo tra via Vittor Pisani e viale Tunisia, e da lì svettare), erano frutto di un pensiero estetico preciso e originale (dal design di Gio Ponti che informa il double-face fronte/fianco del Pirelli, alle linee alla Le Corbusier del lato traforato della Torre Breda o dei disegni ottenuti sulle facciate continue della Torre Galfa grazie ai profili di alluminio delle vetrate), erano legati al territorio esattamente come i loro committenti, famiglie industriali che su quel territorio vivevano.
Le recenti faraoniche realizzazioni, invece, sembrano più che altro frutto di speculazioni politico-finanziarie, in cui ci si para le spalle affidandosi a progetti di grandi studi internazionali che poco o nulla hanno da spartire con l'ambito locale e che producono veri e propri non-luoghi buoni per qualsiasi latitudine o longitudine, spersonalizzati, avulsi dalla realtà cittadina, alla quale non restituiscono un pieno, ma dei vuoti (vedi le loro "piazze", che tutto sono fuorché vive), oltretutto a costi enormi. Nonostante le nuove tecnologie a disposizione, i concetti base non presentano alcunché di veramente innovativo rispetto al pensiero di cinquanta o sessant'anni fa e talvolta si limitano ad appendere un "famolo strano" alla struttura portante (come nel caso del disdicevole "Diamantone").

P.S.: ecco una galleria fotografica di quella mattinata.

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a cura di Giulio Pianese

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