30 aprile 2015

Ripetutamente

La settimana scorsa ho risposto così al quesito con cancelletto #ioleggoperché su twitter:
Leggo perché così un giorno potrò rileggere, e allora sì che.
Sulla rilettura mi sono già espresso (*, **, ***), ma questa volta l'affermazione acquista particolare rilevanza perché sto rileggendo American Pastoral di Philip Roth e l'effetto che mi produce rispetto a cinque anni fa è sostanzialmente diverso.
All'epoca la mia amica Raffa, che mi prestò e poi donò il volume, rimase stupita dal tiepido apprezzamento che riservai a quello che lei riteneva un capolavoro assoluto. Intendiamoci: riconoscevo la grande bravura dello scrittore, ma la lettura non giungeva a toccarmi profondamente né mi suscitava grandissimi entusiasmi.
Ora invece, conoscendo già la storia, leggo scevro da ogni smania di vederla progredire e giungo a considerare godibile ricchezza di enorme spessore, intellettuale e umano, quanto allora mi parve in parte macchinosità e schermo al piacere.
È vero che procedendo di lettura in rilettura si procede lentamente. D'altronde, come recitava il fioraio anarchico (Felice Andreasi) in Pane e tulipani: "le cose belle sono lente".

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bonus: Thomas L. Thomas, Dream (by Johnny Mercer)

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a cura di Giulio Pianese

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